In aumento le neomamme depresse: a rischio i bebè
Oltre 100mila all'anno ne soffrono, nel 3-5% casi diventa psicosi.
La gravidanza è un momento di estrema fragilità per le donne. Il terremoto biologico ed emotivo che porta con sé destabilizza tantissime neomamme e i numeri della depressione gestazionale sono ancora oggi da emergenza: ogni anno oltre 100.000 italiane soffrono di depressione durante la gravidanza o dopo il parto, nel 3-5 per cento dei casi il problema sfocia in una vera e propria psicosi puerperale che può portare fino a gesti estremi. Per prevenire conseguenze gravi per madre e figlio la Società Italiana di Psichiatria, riunita a Roma dall'11 al 15 ottobre per il XLV Congresso Nazionale, vuole sviluppare anche in Italia programmi di sostegno alla genitorialità consapevole, già ampiamente diffusi in altri Paesi europei, che prevedono visite regolari di personale esperto alle madri più a rischio nei primi mesi di vita del bambino per osservare il rapporto madre-figlio, intercettare i segnali di disagio e intervenire in maniera tempestiva in caso di necessità.
"Un disagio iniziale, nei primi giorni dopo il parto, è del tutto normale - commenta Alberto Siracusano, presidente della società italiana di psichiatria e direttore del dipartimento di neuroscienze dal Policlinico di Roma 'Tor Vergata' -. Non a caso, otto neomamme su dieci sono colpite dal "baby blues" nella prima settimana dopo la nascita di un figlio: un misto di tristezza e tendenza al pianto, irritabilità ed agitazione che dipendono dal riassestamento degli ormoni, dalla necessità di adattarsi a nuovi ritmi, dalla stanchezza. Questi sintomi sono però transitori, scompaiono nel giro di pochi giorni. Se invece tendono a intensificarsi o a perdurare nel corso delle settimane possono sfociare nella depressione post-parto. Ne è colpito tra il 10 e il 20 per cento delle donne e la sua insorgenza può essere lenta, subdola e manifestarsi nell'arco dei primi mesi dopo la nascita già con conclamati e gravi quadri depressivi".
Esistono campanelli d'allarme ben precisi che la donna stessa, ma soprattutto i suoi familiari, non dovrebbero trascurare: tra questi ad esempio l'estrema e immotivata preoccupazione per la salute del bambino, la tendenza a trascurare se stessa e il bambino, il continuo immaginare futuri problemi per il bimbo e la coppia, la facilità estrema al pianto, la paura di poter fare del male a se stessa o al piccolo. In presenza di questi sintomi è opportuno chiedere aiuto a un medico specialista. "Le donne più a rischio sono soprattutto quelle che hanno già sofferto di episodi depressivi in passato; in particolare, la presenza di un episodio depressivo post-parto in una precedente gravidanza aumenta del 50 per cento il rischio di averne uno nuovo in una gravidanza successiva. Il rischio è più alto anche in donne che hanno avuto familiari malati di depressione, e anche chi ha tentato il suicidio o ha fatto abuso di sostanze, dall'alcol alle droghe - spiega Siracusano -. Ma sono in pericolo anche le ragazze giovani e sole, che non lavorano o si sono appena affacciate al mondo del lavoro, che vivono in grandi città e provengono da un ceto sociale basso: in questi casi la probabilità di depressione post-parto raddoppia o addirittura triplica rispetto alla norma".
Come dimostrano anche numerosi fatti di cronaca, non sono rari gesti estremi fino all'omicidio-suicidio: nel 50-60 per cento di questi casi i campanelli d'allarme di una depressione post-parto erano presenti, ma nessuno ha voluto o potuto vederli. Dall'analisi dei dati di un recente studio condotto dall'Unità Operativa di Psichiatria dell'Università Tor Vergata di Roma, emerge che oltre un terzo dei circa 400 pazienti con disturbi dell'umore coinvolti nella ricerca avevano avuto madri con depressione.
"I figli di madri depresse si alimentano peggio durante il periodo neonatale, hanno una ridotta stimolazione psicosensoriale e minori livelli di interazione con l'ambiente. Sviluppano così più facilmente disturbi dello sviluppo fisico, psicologico e del linguaggio, oltre che essere a rischio per la comparsa di disturbi psichiatrici nell'infanzia, nell'adolescenza e in età adulta", osserva Siracusano, responsabile dello studio. Proprio per salvaguardare la salute di madri e figli, è sulle donne a rischio che sta focalizzando l'impegno della SIP per promuovere programmi di, che ricalcano i progetti di sostegno alla genitorialità già in uso in altri Paesi: "Gli operatori dovrebbero fare una prima valutazione del rischio, decidendo già nelle prime settimane dopo la nascita del bimbo se è opportuno intraprendere subito terapie farmacologiche e/o psicoterapiche - dice Siracusano -. Poi la neomamma dovrà essere seguita attraverso un programma di incontri a domicilio da parte di un'equipe dedicata, che provvedano ad attivare anche il pediatra di base, i servizi sociali, il medico di famiglia.
L'obiettivo è non far sentire mai sola la donna, metterle a disposizione qualcuno in grado di capirla, con cui parlare, da cui ricevere aiuto. E monitorarla, così da non lasciarsi scappare gli eventuali segni di un disagio che può diventare molto pericoloso". Investire perciò in programmi di sostegno ed educazione alla genitorialità è un passo importante per garantire un futuro sereno ai bambini. "L'aiuto e la vicinanza costante di operatori qualificati porta alla luce gli eventuali disagi in maniera naturale: così diventa relativamente semplice, parlando assieme, trovare la modalità giusta per risolvere la conflittualità con se stesse e all'interno della famiglia - afferma l'esperto -. Per troppo tempo nel nostro Paese non sono stati intrapresi progetti di questo tipo: è il momento di farlo, perché i numeri della depressione post-parto sono tali da richiederlo per garantire a decine di migliaia di bimbi e alle loro mamme un futuro sereno e migliore".
Fonte APM
Prendi visione della normativa sulla privacy facendo click quì!>>